Alcuni asseriscono che Shiva sia nato in questo
giorno e altri semplicemente ricordano l’importanza di questo giorno dal punto di vista astrologico.
In questo giorno, le posizioni dei pianeti nell’emisfero settentrionale fanno da catalizzatori potenti per aiutare una persona ad innalzare la propria energia spirituale più facilmente. I vantaggi di potenti e antichissimi mantra in sanscrito, come il Maha Mantra Mrityunjaya, aumentano notevolmente il loro potere nel corso di questa notte.
Maha Mantra Mrityunjaya महामृत्युंजय मंत्र
E’ il mantra della grande conquista sulla morte per aiutare a superare la paura della morte. Il Maha Mantra Mrityunjaya, se recitato con presenza e ascolto delle percezioni dei propri corpi, crea un potente scudo protettivo di vibrazioni divine che scongiura e protegge da ciò che al momento non è armonico con noi.
ॐ त्र्यम्बकं यजामहे
सुगन्धिं पुष्टिवर्धनम्
उर्वारुकमिव बन्धनान्
मृत्योर्मुक्षीय मामृतात् ॥
Om Try-Amba-kam Yajaa-mahe
Sugandhim Pushtti-Vardhanam
Urvaa-arukam-Iva Bandhanaan
Mrityor-Mokshiya Ma-Amrataat ||
La relazione tra la Mente e la Luna.
Ma ricordiamoci che oltre a Maha Shivaratri (la Grande notte di Shiva) che si svolge una volta all’anno, ogni mese abbiamo una notte di Shiva (Shiva Ratri) dedicata all’adorazione di Shiva…ad ogni inizio di ciclo Lunare.
La notte è dominata dalla Luna, che ha sedici frazioni (Kala) e, quando è in fase calante, ogni giorno si riduce di una frazione, fino a scomparire nella notte di Luna Nuova. Dopodichè, ogni giorno aumenta di una frazione finché diventa completa nella notte di Luna Piena. La frequenza della luna interagisce con la nostra mente: ‘La Luna nacque dalla mente della Divinità (Purusha)’ [Chandrama manaso jathah].
Tra la mente (Manas) e la Luna (Chandra) c’è un’ affinità molto stretta, entrambe sono soggette a calare e a crescere; il decrescere della Luna è il simbolo del decrescere della mente, chiacchericcio mentale che cala fino a diventare silenziosa. Le pratiche essenziali dello Yoga (Sadhana) sono volte a questo fine.
Ogni giorno, durante la metà oscura del mese, la Luna, e simbolicamente la mente, decresce e si riduce di una frazione; il suo potere decresce ed infine al quattordicesimo giorno (Chathurdashi) ne rimane solo una minuscola frazione.
Se quel giorno l’aspirante spirituale (Sadhaka) fa un piccolo sforzo in più, anche quel frammento può venir silenziato e la padronanza della mente (Manonigraha) può essere conquistata.
La quattordicesima notte (Chathurdashi) della metà oscura è quindi chiamata Shivarathri in quanto la notte andrebbe trascorsa nella ripetizione del Nome (japa) e nella meditazione (Dhyana) su Shiva, senza nessun altro pensiero per il cibo o il riposo.
Per questo, una volta all’anno, nella notte di Mahashivarathtri, si raccomanda uno slancio di attività spirituale, affinché ciò che è cadavere (shavam) possa diventare Dio (Shivam) tramite il silenziamento della mente.
Il rituale parte dall’ascolto e dalla semplicità.
Shiva è il silenzio, lo spazio vuoto, la montagna bianca.
In un mito, si narra che un uomo di un villaggio, grande devoto di Shiva, un giorno si recò come di consueto nella foresta a raccogliere legna. Quando scesero le ombre della notte e l’oscurità pian piano avvolse la foresta, egli non riuscì più a ritrovare la via del ritorno. Spaventato dal terribile ruggito delle tigri che si aggiravano nel buio, si rifugiò tra i rami di un albero di Bilva. Passavano le ore, ma il povero uomo non trovava il coraggio di lasciare il suo rifugio. Per restare sveglio, iniziò a lasciar cadere a terra le foglie che staccava dai rami, recitando il nome di Shiva e così intento trascorse tutta la notte. Quando le prime luci dell’alba rischiararono la foresta, l’uomo vide che, dove aveva lasciato cadere le foglie, era spuntato uno Shiva lingam: la sua profonda devozione lo aveva protetto dai pericoli e aveva prodotto la straordinaria apparizione.
Secondo la tradizione, da allora nacque l’usanza di celebrare una notte (ratri) in onore del Dio Shiva.
Ciò può avvenire con semplicità e con ardore interno; donare se stessi alle pratiche stesse oppure al silenzio che si crea nella non aspettativa senza giudizio.
Se non seguite il rituale tradizionale della tradizione vedica o tantrica, il mio personale suggerimento è di rendere lo spazio in cui si è sacro, dedicando i fiori e i frutti della propria pratica e/o meditazione all’Universo/Shiva/Vuoto. Rimanendo nella sensazione della propria verità che danza con la verità di tutti gli esseri esistenti.
Potete fare dharana (esercizio di concentrazione) osservando la fiamma di una candela per 10 minuti per poi chiudere gli occhi e osservare in voi la fiamma che si espande internamente. Recitare nel cuore o a voce alta alcuni mantra che riverberano con Shiva come il Maha Mantra Mrityunjaya, oppure un semplice Aum Namah Shivaya ripetuto più e più volte.
Rimanete in ascolto del vostro corpo e se vi ritrovate a pensare ad altro, con la delicatezza di una madre con un neonato, riconducete la vostra mente a concentrarsi sulla pratica.
Potete anche visualizzare un lingam o una montagna bianca dinanzi a voi, portare la vostra mano destra al cuore, cogliere con la punta delle dita (pollice, indice, medio) dei fiori dal vostro cuore e donarli al lingam…energeticamente con un gesto della mano in apertura.
In ascolto del vasto silenzio che ci abita, per riconoscere che lo stato naturale è meditazione.
Buon Maha Shiva Ratri a tutti!